Tre domande a… Stuart Graham, regista di The Good Word

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The Good Word è uno dei cortometraggi selezionati per l’edizione 2015 di Irish Film Festa e segna il debutto alla regia dell’attore Stuart Graham.

Stuart era al festival l’anno scorso per la proiezione di Volkswagen Joe di Brian Deane, premiato come miglior cortometraggio della sezione live action.

Nel cast di The Good Word troviamo Úna Kavanagh, Conleth Hill, e Paul Kennedy (il regista di Made in Belfast, anche questo visto all’Irish Film Festa 2014 — Paul e Stuart sono i co-fondatori della casa di produzione KGB Screen) nei panni del misterioso Ivan Cutler, che predica la parola di Dio nelle townland irlandesi degli anni 50. La sceneggiatura è dello scrittore giallista Stuart Neville.

Stuart Graham ci ha parlato delle sue scelta da regista e di come The Good Word sarà presto sviluppato in un lungometraggio.

 

Anche se arriviamo a capirne pienamente il senso solo alla fine, il dialogo tra i tre personaggi occupa la maggior parte del cortometraggio: come hai lavorato sulla sceneggiatura di Stuart Neville?

Un paio d’anni fa ho stilato una lista degli scrittori nordirlandesi con i quali mi sarebbe piaciuto lavorare. Stuart Neville era in cima a quella lista e, quando ci siamo incontrati per la prima volta, abbiamo discusso soprattutto del suo romanzo Ratlines, che stiamo adattando per la televisione.

The Good Word è nato come prodotto collaterale di questa nostra prima, proficua conversazione. Quando Stuart mi ha mandato le prime diciotto pagine, la ricchezza dei dialoghi mi ha complito subito come parte di un mondo che conosco molto bene. Mi ha fatto ridere, e mi sono innamorato dei tre personaggi. È stato automatico per me mantenere uno stile di regia semplice, quasi vecchio stile, e lasciare che la forza delle parole sbocciasse grazie ai miei tre meravigliosi attori.

Lavorare con Stuart, su entrambi i progetti, è stata un’esperienza piacevole, appagante, e — è forse la cosa più importante — facile. Stuart comprende in maniera istintiva la qualità filmica del suo stesso lavoro e questo rende il processo di adattamento una vera gioia. Finora, almeno! Non abbiamo ancora finito con The Good Word: la storia continua e vorremmo svilupparla in un lungometraggio. Un piccolo indizio su quel che accadrà si trova alla fine dei titoli di coda.

 

Perché hai scelto di inserire la canzone Beautiful Isle of Somewhere nella colonna sonora?

Beautiful Isle of Somewhere è stata scritta alla fine del 19esimo secolo ma io l’ho conosciuta grazie attraverso un arrangiamento degli anni 50. Così mi è sembrata la scelta giusta. È un inno religioso, e anche in questo si adatta bene all’argomento del corto. Non voglio dire troppo, ma il brano suona volutamente gioioso e puro. E anche se la nostra storia si svolge nel nord-est dell’Irlanda, dal punto di vista tematico potrebbe essere ambientata in qualunque piccola, “bellissima” comunità rurale isolata. Traete voi le conclusioni. In più, è una canzone che mi piace molto! A questo proposito voglio ringraziare Andrew Simon McAllister che ne ha tratto due arrangiamenti fantastici.

 

Dov’è stato girato The Good Word?

Abbiamo girato nella Contea di Antrim, vicino a Ballyclare. La casa appartiene alla famiglia Todd, che è stata così carina da ospitarci. Un grande grazie anche a loro. In realtà vorrei ringraziare chiunque abbia preso parte al corto. Siamo riusciti a fare tanto, pur con risorse e tempi limitati, e non ci saremmo riusciti senza la dedizione, il duro lavoro e il talento di tutte le persone coinvolte.

Tre domande a… Aidan McAteer, regista di Deadly

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Deadly è uno dei cinque cortometraggi animati in concorso all’Irish Film Festa 2015. Scritto e diretto da Aidan McAteer, il corto racconta la storia di Boney, intrappolato in un triste lavoro, e Bridie, un’anziana donna piena di vita: una storia bellissima che parla di vita e di morte.

Deadly è stato prodotto dal Kavaleer Studio nell’ambito di Frameworks, il programma di finanziamento dell’Irish Film Board specificamente dedicato ai cortometraggi d’animazione.

Aidan ci spiega perché ha scelto di raccontare questa storia e in cosa consiste la lavorazione di un cortometraggio animato.

 

Com’è nata l’idea per questa bellissima storia?

L’idea originale viene da una lezione di sceneggiatura che ho seguito alcuni anni fa: inizialmente ruotava intorno a questo personaggio della morte che perde il lavoro. Lo immaginavo cimentarsi in altri lavori, ma tutto si riduceva a uno sketch, e neanche così originale. La storia ha pian piano cambiato direzione quando ho iniziato a vedere il mio protagonista come una persona intrappolata in un lavoro senza sbocchi («dead end job, pun inevitable», dice Aidan, ndr) e l’ho affiancato a Bridie. Ho definito così l’immagine conclusiva del corto e parallelamente ho lavorato sulla parte iniziale, poi con l’aiuto dei membri del mio studio, in particolare della produttrice Shannon George, ho messo a punto un secondo atto della storia che finalmente funzionava.

 

Puoi descriverci brevemente il processo di lavoro sull’animazione, dal disegno dei personaggi alla loro integrazione con gli sfondi?

Proprio come nei film in live action tutto parte dalla sceneggiatura, e mentre ci lavoravo passavo molto tempo anche a disegnare, per cercare di trovare i miei personaggi. Con Boney sono stato veloce, mentre per Bridey c’è voluto un po’ di più. Non è semplice fare character design per un pubblico adulto dal momento che la maggior parte del mio lavoro come animatore si rivolge ai bambini. Jean Maxime Beaupuy, che è a capo del nostro dipartimento d’animazione, mi è stato di grande aiuto.

Completati i concept design e lo script, si può preparare lo storyboard, che consiste in rapidi schizzi a matita delle azioni principali e delle varie inquadrature. A quel punto si monta una prima versione del corto utilizzando una colonna sonora provvisoria. In un film d’animazione questo montaggio preliminare è essenziale: sarebbe troppo costoso, e francamente doloroso, tagliare in seguito dei pezzi finiti. Con John Peavoy, il montatore, ho realizzato circa trenta versioni diverse prima di arrivare a quella definitiva.

Fin qui facciamo quindi ampio uso di carta e matite ma poi, almeno per Deadly, siamo passati al digitale. Era importante per me che il film mantenesse comunque un aspetto naturale, da disegno a mano. A volte il computer rischia di far apparire le cose troppo lisce e asettiche, così il nostro scenografo, Graham Corcoran, e i suoi collaboratori hanno lavorato moltissimo per far sì che gli sfondi sembrassero dipinti a mano e apparissero ricchi di texture, anche se erano stati creati con Photoshop.

Per l’animazione vera e propria abbiamo utilizzato il software Flash: in questa fase, per evitare ancora una volta un effetto meccanico e troppo fluido, la nostra artista Siobhan Twomey ha disegnato su ogni fotogramma, così che le linee restassero sempre vive e mobili. La registrazione delle voci è precedente, quindi gli animatori lavorano direttamente sul sonoro per dar vita alle performance che vediamo sullo schermo. Amber Hennigan, che si occupa del compositing, ha fuso infine le linee, le animazioni e gli sfondi di Deadly, aggiungendovi ulteriori texture e effetti speciali.

 

Brenda Fricker e Peter Coonan sono i doppiatori di Bridey e Boney: come li hai scelti?

Avevo visto Peter Coonan in alcuni cortometraggi e in una serie tv molto popolare in Irlanda, Love/Hate. Ci serviva qualcuno con l’accento di Dublino, ma oltre a questo Peter aveva proprio il tono di voce giusto per Boney, sia perché il triste mietitore è una figura mitica, sia perché il nostro triste mietitore appartiene alla classe lavoratrice, è una persona comune alle prese con i problemi della vita quotidiana.

Per Brenda Fricker ho fatto invece ciò che in genere viene sconsigliato: ho scritto la parte pensando a lei. Facevo fatica a trovare la voce di Bridey e poi ho pensato a Brenda, che ha influenzato profondamente lo sviluppo, anche grafico, del personaggio. Ci ho messo un po’ per convincerla e quando ha accettato ero felicissimo. Brenda è un’attrice fantastica e ha infuso in Bridey calore genuino, sensibilità e umanità. Mi ritengo fortunato di aver avuto al mio fianco due straordinari talenti come Peter e Brenda.

 

Tre domande a… Lee Cronin, regista di Ghost Train

Ghost Train
Lee Cronin è il regista di Ghost Train, uno dei dieci cortometraggi in live action che vedremo in concorso all’Irish Film Festa 2015.

Ghost Train è un horror e racconta la storia di due fratelli, Michael e Peter, che ogni anno compiono un pellegrinaggio alla vecchia giostra dell’orrore dove il loro amico Sam scomparve quando erano ragazzini.

Il corto di Cronin è stato premiato al San Sebastian Horror and Fantasy Film Festival, all’Ithaca International Fantastic Film Festival e al Molins de Rei Horror Film Festival. Uno dei suoi lavori precedenti, Billy & Chuck, è stato presentato al Galway Film Fleadh nel 2011.

 

Com’è nata la sceneggiatura?

Sono sempre stato affascinato da quanto la giostra dell’orrore che si trovava al parco giochi mi spaventasse, quand’ero piccolo. Ripensando alla mia infanzia mi sono tornati in mente i vecchi amici, quelli a cui sei legatissimo quando hai 9 o 10 anni ma con i quali poi, crescendo, perdi i contatti. Ho pensato ai guai in cui spesso ci cacciavamo giocando, e a come in certe occasioni siamo stati davvero fortunati a non saltare in aria o precipitare nel vuoto. Cose da bambini, ma quando cresci ti guardi indietro e dici ‘era davvero pericoloso!

Tutti questi ricordi mi hanno portato a immaginare Ghost Train: ho deciso che doveva essere un film sulle decisioni che prendiamo da ragazzini, e su come tali decisioni siano in grado di influenzare la nostra vita adulta. Un tema piuttosto importante, ma io amo raccontare storie attraverso un punto di vista fantastico e così ne ho fatto un film horror.

 

Il paesaggio gioca un ruolo importante in Ghost Train: dov’è stato girato? Hai fatto uso di effetti visivi particolare per dare vita alla vecchia giostra?

Abbiamo girato a Kildare, in Irlanda. Trovare la giusta location è stato difficile, poi il produttore mi ha detto che secondo lui stavo cercando un posto in cui eravamo già stati. Aveva ragione, perché siamo finiti sullo stesso campo dove era stato girato il mio corto precedente, Billy & Chuck. Benché abbia un respiro epico, tutto il film è ambientato in un luogo solo. Anche le inquadrature dei fratelli adulti all’interno dell’automobile sono state realizzate in quel campo usando un green screen.

Per quanto riguarda la giostra, abbiamo usato alcuni effetti visivi semplici e altri più complessi. Preferisco però non svelare cosa è vero e cosa non lo è: abbiamo lavorato tanto per ottenere un effetto omogeneo. La sfida per lo spettatore è distinguere ciò che è reale da ciò che è stato invece ottenuto con le tecnologie digitali!

 

Come hai scelto i ragazzini che interpretano i giovani Michael, Peter e Sam?

È stato un processo lungo, durante il quale sono stato affiancato dal direttore di casting Nick McGinley, a Dublino. Abbiamo incontrato circa 60/70 ragazzi in un paio di giorni. Li abbiamo messi seriamente alla prova, in particolare quelli che si presentavano al provino per il ruolo di Sam, perché avrebbe dovuto affrontare una sfida non semplice. Abbiamo pre-selezionato sei giovani attori, due per ogni ruolo, e a quel punto non restava altro che compiere una scelta: quale sarà la giusta combinazione? Spero che abbiamo preso la giusta decisione. Secondo me sì.

 

Le giurie del concorso cortometraggi

Le giurie chiamate a valutare i quindici cortometraggi (dieci in live action e cinque d’animazione) in concorso all’Irish Film Festa 2015 saranno formate da:

CATEGORIA LIVE ACTION
EMANUELA MARTINI, direttore del Torino Film Festival
EMILIANO LIUZZI, giornalista del Fatto Quotidiano
ÁINE O’HEALY, professore presso la Loyola Marymount University, LA

CATEGORIA ANIMAZIONE
THOMAS MARTINELLI, giornalista e direttore di DOCartoon
KAY McCARTHY, musicista

L’ottava edizione di Irish Film Festa si svolgerà dal 26 al 29 marzo presso la Casa del Cinema di Roma.

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Mauro Gervasini, uno dei giurati dell'edzione 2014, con il direttore di Irish Film Festa Susanna Pellis
Mauro Gervasini, uno dei giurati dell’edizione 2014, con il direttore di Irish Film Festa Susanna Pellis

Tre domande a… Ian Lawton, regista di Coma

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Si vive per lavorare o si lavora per vivere? Coma è uno dei cortometraggi selezionati per l’ottava edizione di Irish Film Festa e il regista Ian Lawton l’ha girato utilizzando un iPhone 4s.

Il protagonista, interpretato da Chris Aylmer, si sente in trappola a causa di un lavoro che non gli lascia il tempo necessario per vivere appieno e trascorrere momenti felici con la propria famiglia. Cosa sceglierà di fare?

Ian Lawton ci spiega perché ha deciso di raccontare questa storia e cosa vuol dire realizzare un corto di quattro minuti con uno smartphone.

 

Coma mostra gli effetti che il lavoro può avere sulla vita delle persone: come mai hai scelto questo tema?

Ho tratto ispirazione dalla mia esperienza personale. Per un periodo ho lavorato lontano da casa e facevo il pendolare tutti i giorni. Uscivo prestissimo, mentre la mia famiglia dormiva, e nonostante facessi del mio meglio non riuscivo mai a rientrare in tempo per vedere mio figlio ancora sveglio. Una sera, tornando a casa e trovando per l’ennesima volta il bambino già a letto, ho pensato che era quasi come avere un figlio un coma, dal momento che potevo vederlo soltanto dormire.

Da qui, l’idea per il film, che è ricco di immagini metaforiche ripetute, la vita che scorre via, etc. Si vive per lavorare o si lavora per vivere? Il pubblico ha risposto con grande trasporto emotivo, qualcuno si è anche commosso. Sono in molti a riconoscersi in questa storia, ma naturalmente è aperta a ogni interpretazione.

Fondamentalmente, il corto è una lettera d’amore per mio figlio.

 

Girare con iPhone ha influenzato le tue scelte di regista, soprattutto per quanto riguarda la composizione delle inqyadrature e la fotografia?

In realtà è stato molto liberatorio. Ho potuto realizzare inquadrature che sarebbero state impossibili con una macchina da presa più grande. L’iPhone era così leggero da poter essere montato praticamente ovunque, con l’ausilio di un’attrezzatura ridotta al minimo. Ho girato da solo, senza troupe, e ciò mi ha consentito di procedere velocemente e prendere decisioni sul momento senza aver bisogno di consultare qualcun altro. Per la maggior parte del tempo sul set c’eravamo io e l’attore protagonista Chris Aylmer. Lavorare con un iPhone impone delle limitazioni, certo, ma basta essere consapevoli in anticipo di ciò che si potrà o non potrà fare, e poi volgere la situazione a proprio vantaggio, rendendo quelle limitazioni parte integrante dello stile scelto per il film.

 

E la colonna sonora di Nils Frahm?

È bellissima, vero? Nils è un compositore neoclassico tedesco e For è un brano composto come improvvisazione su un sintetizzatore Juno. Sapevo che la musica sarebbe stata predominante e dovevo sceglierla con molta attenzione. All’inizio avevo pensato a una colonna sonora originale, poi però ho sentito il pezzo di Nils e ho capito subito che sarebbe stato perfetto. Tant’è che ne ho chiesto i diritti prima ancora di mettere il corto in produzione.

 

Tre domande a… Denis Fitzpatrick e Ken Williams, registi di The Break

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Denis FitzpatrickKen Williams sono i registi di The Break, uno dei cortometraggi in concorso all’Irish Film Festa 2015 nella sezione live action. Il protagonista Tim (Ronan Leahy) ha subìto le pesanti conseguenze della crisi economica e ora vive in una tenda sulla spiaggia con i propri figli (Barry Keoghan e Jacob Lea): la famiglia è molto unita ma le cose non sono affatto facili.

The Break è il quarto corto diretto da Denis Fitzpatrick e Ken Williams, dopo Car Film con Jack Reynor, The Daisy Chain con la voce narrante di Fiona Shaw (lo abbiamo visto all’Irish Film Festa lo scorso anno) e The Last Dart con Fionn Walton.

La parola a Denis e Ken, che ci parlano della genesi del progetto e dello splendido gruppo di attori con i quali hanno lavorato.

 

Da dove nasce la storia di The Break?

K. Williams: Sia a me che a Denis piaceva l’idea di girare qualcosa che avesse a che fare con una tenda, la sceneggiatura è nata così. La crisi è un argomento abusato ma ci sembrava comunque di poterlo affrontare da un punto di vista interessante.

D. Fitzpatrick: Ken ha scritto una sceneggiatura molto forte. Un padre allo stremo, che affronta la catastrofe economica a modo suo, semplicemente. Ma vediamo che non è così semplice. Un altro tema importante della storia è rappresentato da coloro che vivono ai margini della società e dal modo in cui vengono trattati.

 

Dov’è stato girato il corto?

K. Williams: Abbiamo girato per quattro giorni, da venerdì a lunedì, lo scorso aprile a Wicklow, che si è rivelata perfetta perché tutte le location di cui avremmo avuto bisogno si trovavamo a pochi chilometri di distanza l’una dall’altra. Lo scene sulla spiaggia sono ambientate alla Baia di Brittas, un luogo che negli ultimi anni è stato scelto anche dalle produzioni di What Richard Did e della serie tv Penny Dreadful. Il pub e il negozio mostrati nel corto si trovano invece a Redcross, poco lontano.

D. Fitzpatrick: La location è stata molto importante e, davvero, non avremmo potuto chiedere di meglio. Anche le condizioni atmosferiche sono state dalla nostra parte!

 

Cosa ci dite del cast?

D. Fitzpatrick: Ronan Leahy è stato la prima scelta per Tim. Lo tenevo d’occhio già da un po’, dopo averlo visto recitare in Drum Belly all’Abbey Theatre, così quando Ken e io siamo andati a vederlo in The Colleen Bawn, abbiamo capito immediatamente che era lui il nostro uomo.

Barry Keoghan ci è stato invece consigliato da Maureen Hughes, una delle nostre migliori direttrici di casting. La popolarità di Barry è cresciuta molto negli ultimi due anni (grazie alla serie tv Love/Hate, ndr): siamo felici di essere riusciti ad averlo con noi quando era ancora disponibile!

Jacob Lea è un’altra giovane promessa per il futuro, e ha già una buona esperienza professionale pur essendo un ragazzino.

Emmet Kirwan aveva già preso parte ad altri cortometraggi da me diretti, mi ha fatto piacere poterlo coinvolgere anche in The Break. La sua pièce per due attori Dublin Oldschool è stata una delle perle dell’ultimo Dublin Fringe Festival.

Ken invece aveva già lavorato con Aoibhéann McCann e l’abbiamo coinvolta nel progetto fin dalla fase di pre-produzione.

Jon Kenny lo conoscevo per i suoi ruoli da commedia: è stato meraviglioso vederlo nella scena con Ronan, quando il dramma si svela.

K. Williams: Sono entusiasta del nostro cast e della nostra troupe. L’interpretazione di Ronan è straordinaria, e mi aspetto grandi cose da Barry: è un attore completo. Russell, il nostro direttore della fotografia, e i suoi collaboratori hanno reso il film visivamente magnifico. Siamo stati davvero fortunati. È questo l’aspetto più bello del fare film: le persone fantastiche con le quali hai l’occasione di lavorare.

 
IL CORTO IN VERSIONE INTEGRALE

Tre domande a… Damien O’Connor, regista di Anya

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Anya è uno dei cinque cortometraggi animati in concorso all’edizione 2015 dell’Irish Film Festa 2015: è dirigerlo è Damien O’Connor per Brown Bag Films, lo studio (due volte candidato all’Oscar) fondato nel 1994 da Cathal Gaffney e Darragh O’Connell. Damien ha già partecipato al nostro festival lo scorso anno con il corto After You.

Anya, che racconta la storia di una piccola orfana russa, è stato commissionato dall’associazione irlandese To Russia With Love: fondata da Debbie Deegan nel 1998, opera in Russia con programmi di sostegno rivolti ai bambini senza famiglia.

La parola a Damien O’Connor, che ci racconta la genesi e lo sviluppo del progetto.

 

Come mai alla Brown Bag Films avete deciso di realizzare un corto per To Russia With Love?

La direttrice di To Russia With Love, Debbie Deegan, mi ha telefonato un giorno mentre ero al lavoro per chiedermi se sarei stato disponibile a girare per loro uno spot di 30 secondi. Non conoscevo Debbie né la sua associazione, così le ho spiegato che la sua proposta sarebbe stata per me troppo impegnativa e ho rifiutato con gentilezza.

Debbie però non accetta mai un ‘no’ come risposta e mi ha tenuto al telefono per 45 minuti ad elencarle tutti i motivi che mi avrebbero impedito di realizzare il corto. Ho ribadito il mio no, ho chiuso la chiamata e sono tornato al lavoro davanti al computer. C’era già un’email di Debbie Deegan ad aspettarmi: voleva sapere quando avremmo iniziato.

A quel punto mi sono incuriosito e ho dato un’occhiata al sito web di To Russia With Love: ho letto delle attività che l’associazione porta avanti a favore dei bambini e ho capito che dovevo offrire il mio aiuto. Ho richiamato Debbie dandole la mia disponibilità, precisando però che, per ottenere maggiore visibilità, avrei girato non un breve spot pubblicitario ma un cortometraggio vero e proprio. Lei è stata subito d’accordo,  abbiamo proposto la cosa alla Brown Bag Films in cerca di volontari e per fortuna ne abbiamo trovati subito tantissimi.

 

Perché avete scelto proprio questa storia?

All’inizio l’avevo pensata come una storia della buonanotte raccontata da una donna che, nella parte finale, si sarebbe rivelata come la piccola orfana che avevamo visto crescere nel corso del film.

In seguito ho visitato l’orfanotrofio Hortolova a Bryansk, in Russia: lì ho incontrato i bambini, ho ascoltato le loro storie e ho capito ben presto che tutti loro possedevano qualcosa che mancava alla mia storia: la speranza. Quello è stato anche il viaggio durante il quale ho filmato i ragazzini che vediamo nel corto, e Sascha (la ragazzina bionda dei titoli di coda) è diventata la nostra Anya.

Il verso ‘Sogni d’oro, piccola mia’ è una frase che una dei volontari irlandesi era solita sussurrare ai bambini. Così ho riscritto la storia per infondervi più ottimismo e ho disegnato la protagonista ispirandomi a Sascha.

Infine, ci siamo messi al lavoro per tradurre il racconto in animazione: l’ultima inquadratura, con il treno sullo sfondo, per me è stata come l’ultimo pezzo di un puzzle, l’ho messa lì ed ero contento perché avevo tra le mani una storia che funzionava ma soprattutto una storia capace di far comprendere ai bambini che c’è sempre una speranza nel loro futuro.

 

Nonostante il tema trattato sia duro, l’atmosfera del cortometraggio resta lieve: come avete lavorato sui colori? E sulla colonna sonora?

Ho lavorato sul corto anche come art director e ho deciso subito che avremmo dovuto costruire una progressione dalle fredde tonalità di blu dell’inizio al calore del rosso e dell’oro che caratterizzano la parte finale. Per quanto riguarda la fotografia, ho avuto degli ottimi collaborati che hanno lavorato tantissimo sui dettagli: le stoffe, la vernice rovinata dei muri, le texture. Sono stati fantastici.

La colonna sonora è di Darren Hendley, con cui avevo già lavorato in precedenza. Durante la lavorazione avevo usato una musica provvisoria per accompagnare l’animazione ma quei violini così tristi non funzionavano, così ho optato per qualcosa di più ritmato. La buona idea di Darren è stata mettere a punto una musica che cresce gradualmente: è come se la partitura cercasse di partire per tre volte, fallendo finché Anya non riesce ad uscire dal letto per esplorare il luogo in cui si trova.

Una delle musiche provvisorie delle quali mi ero servito proveniva dalla colonna sonora di Gravity, con la splendida Lisa Hannigan. L’ho contatta per chiederle di registrare per noi le parti vocali, ed è stata davvero carina e disponibile. Abbiamo lavorato parallelamente sulla musica e sul montaggio con piccoli aggiustamenti finché l’insieme non ci ha convinti del tutto. Sono completamente soddisfatto del risultato, e chiunque veda il corto finisce per amarne la musica!