Il nuovo cinema irlandese su Indiewire

The-Runway«Perché bisogna iniziare a occuparsi del cinema irlandese»: ieri sul sito americano Indiewire il critico Ronan Doyle prendeva spunto dall’imminente Irish Film New York (dal 4 al 6 ottobre al Cantor Film Center) per indicare i punti di interesse della produzione cinematografica irlandese più recente.

I film in programma al festival newyorkese sono sei: Run & Jump di Steph Green, Made in Belfast di Paul Kennedy, Silence di Pat Collins, King of Travellers di Mark O’Connor, When Ali Came to Ireland di Ross Whitaker e The Hardy Bucks Movie di Mike Cockayne. Una selezione che, dice Doyle, dà ragione a O’Connor quando, nel suo manifesto per il cinema irlandese, indicava il nostro periodo storico come il più eccitante nella storia cinematografica dell’Isola.

Una vera e propria new wave insomma o, per dirla in gaelico, Tonn Nua, più che mai necessaria perché i registi della vecchia generazione, come Neil Jordan e Jim Sheridan i cui successi determinarono la ricostituzione dell’Irish Film Board negli anni 90, non sarebbero più in grado di rispondere alle sfide artistiche ed economiche che il cinema di oggi si trova a dover affrontare.

E questa crisi dei padri, continua Doyle, si riflette inevitabilmente sulle storie raccontate dalla nuova cinematografia irlandese (figure paterne inadeguate, sconfitte o assenti si trovano in Stella Days di Thaddeus O’Sullivan, My Brothers di Paul Fraser, The Runway di Ian Pover e Pilgrim Hill di Gerard Barrett, tutti visti ad Irish Film Festa negli anni scorsi) e trova riscontro nell’importanza che da sempre riveste, nella cultura irlandese, il tema dell’identità nazionale.

Su questo argomento l’Irish Film New York promuove l’iniziativa The Gathering 2013, che si muove a ritroso lungo i percorsi della diaspora irlandese, e ospita una tavola rotonda sulle coproduzioni USA-Irlanda viste non solo come sostegno economico ma anche come un modo per intercettare l’ampio pubblico potenziale composto dagli americani di origine irlandese.