Gridlock e Second to None vincono la 10a edizione di Irish Film Festa

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Gridlock di Ian Hunt Duffy (live action) e Second to None di Vincent Gallagher (animazione) sono i cortometraggi vincitori della 10a edizione di Irish Film Festa (30 marzo – 2 aprile 2017, Casa del Cinema).

La giuria era composta da Oscar Cosulich (direttore artistico Future Film Festival), Barry Monahan (docente Film Studies, University City Cork) e Serenella Zanotti (docente Lingua e Traduzione Inglese, Università Roma Tre).

foto: Guido Cavatorta

Tre domande a… Seán T. Ó Meallaigh, regista di An Chúirt (The Court)

An Chúirt - Irish Film Festa

 
Un adattamento moderno del poema epico irlandese Cúirt An Mhéan Oíche / La corte di mezzanotte, scritto da Brian Merriman nel 1780: An Chúirt (The Court) è un cortometraggio molto originale, recitato in gaelico, che partecipa in concorso alla 10a edizione di Irish Film Festa (30 marzo – 2 aprile, Casa del Cinema). . . .

Tre domande a… Brian Deane, regista di Blight

Intervista a Brian Deane - Blight - Irish Film Festa

 
Un giovane sacerdote viene inviato su una remota isola al largo della costa irlandese per aiutare la locale comunità di pescatori a difendersi da oscure forze soprannaturali, ma niente è come sembra: Blight è un cortometraggio di genere horror in concorso alla 10a edizione di Irish Film Festa (30 marzo – 2 aprile, Casa del Cinema). . . .

Il direttore Susanna Pellis presenta la 10a edizione di Irish Film Festa

Il direttore Susanna Pellis presenta la 10a edizione di Irish Film Festa

Anno 10 di IRISH FILM FESTA: un decennale che ci prepariamo a festeggiare con tanto di ‘francobollo celebrativo’ e in compagnia di un ospite come Jim Sheridan, vero motore d’avviamento, a fine anni Ottanta, di tutto il cinema irlandese.  Il regista presenterà il suo nuovo film, The Secret Scripture, tratto dal best seller di Sebastian Barry, e rivedrà con noi uno dei suoi titoli storici, The Boxer, storia d’amore e IRA nella quale, accanto a Daniel Day-Lewis ed Emily Watson, furoreggia un incandescente Gerard McSorley.

Oltre a McSorley, che sarà anche lui a Roma, un altro attore amatissimo da questo festival che ha accettato il nostro invito è Martin McCann, ‘voce’ di Bobby Sands nel documentario 66 Days. Un film che ha il merito di guardare alla figura di Sands con grande equilibrio per collocarla definitivamente al posto che le spetta, nella mitologia irlandese e nella Storia.

Gli altri titoli, tutti inediti: in apertura The Flag, commedia con Pat Shortt e Moe Dunford alla ricerca del tricolore irlandese andato perduto nel 1916; poi Sanctuary, incursione tanto coraggiosa quanto spassosa nel mondo della disabilità, per difendere le ragioni di ragazzi che pretendono soltanto di poter vivere come tutti; Traders, thriller in cui la crisi finanziaria costringe Killian Scott ad affrontare duelli dove sono in gioco sia la borsa che la vita; Mammal, opera spiazzante, che confuta il modello condiviso di maternità, con l’astro nascente Barry Keoghan nella parte di un giovane senzatetto. E l’Irish classic di questa edizione, The General: biografia del fuorilegge dublinese Martin Cahill, un personaggio a suo modo leggendario, con il quale poteva misurarsi soltanto un pari peso come Brendan Gleeson.

Attese infine, per il weekend, due opere prime diversamente imperdibili: In View, storia lacerante di una poliziotta che ha perso il figlio e il marito e ora lotta contro depressione e alcolismo, incapace di vedere altro che il baratro davanti a sé. Un film che non fa sconti, con una grande prova di attrice: lei è Caoilfhionn Dunne (niente paura, la pronuncia è più facile di quel che sembra). E The Young Offenders, commedia on the bike che trasforma un fatto di cronaca in un frenetico, esilarante inseguimento di un carico di cocaina, concedendosi pure qualche affaccio improvviso sulle baie incantevoli di West Cork.

Come però sa bene chi ha avuto modo di frequentarci in questi anni, IRISH FILM FESTA non si limita mai alle sole proiezioni. Oltre all’intervista pubblica con Jim Sheridan e agli incontri con gli attori, ci saranno una conferenza su Cinema e Troubles di Martin McLoone, professore emerito dell’Università dell’Ulster; presentazioni di libri e scrittori (ospite, fra gli altri, Dermot Bolger); il concorso cortometraggi, mai così ricco anche per volti noti (Adrian Dunbar, Conleth Hill, Steve Wall) e prestigiose voci narranti (Kate Winslet, Jared Harris).

E ci sarà pure una mostra fotografica festosamente auto-celebrativa, occasione per ricordarci di tutti i magnifici artisti irlandesi che ci hanno fatto visita in questi dieci anni.

— Susanna Pellis

TOP 10 — Attori irlandesi

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Irish Film Festa arriva alla sua 10a edizione (dal 30 marzo al 2 aprile alla Casa del Cinema di Roma) e abbiamo pensato di festeggiare compilando, in collaborazione con gli amici del festival, una serie di top 10 cinematografiche a tema irlandese: un modo giocoso per celebrare i nostri preferiti nel segno del 10.

Dopo la lista dedicata ai cortometraggi, a cura dei registi in concorso quest’anno, oggi è il turno degli attori: dieci interpreti cinematografici irlandesi scelti dal direttore di Irish Film Festa Susanna Pellis, che per ciascuno ha indicato anche i ruoli e le scene da ricordare. . . .

Tre domande a… Jack O’Shea, regista di A Coat Made Dark

Intervista a Jack O'Shea - A Coat Made Dark - Irish Film Festa

 
Un uomo segue gli ordini di un cane: deve indossare un misterioso soprabito con impossibili tasche. È la misteriosa trama di A Coat Made Dark, uno dei cortometraggi d’animazione in concorso alla 10a edizione di Irish FIlm Festa (dal 30 marzo al 2 aprile alla Casa del Cinema di Roma).

Ce ne parla il giovane regista Jack O’Shea, i cui lavori sono stati selezionati da vari festival internazionali, incluso l’importante festival dell’animazione di Annecy.

 

Quali tecniche hai usato per l’animazione del corto?

Il corto è realizzato in animazione digitale. Ho sperimentato anche un approccio più tradizionale, utilizzando materiali organici, ma alla fine mi sembrava che la tecnica digitale mi permettesse di catturare con più precisione l’estetica di cui avevo bisogno per il film.

 

La palette cromatica è minimale e molto forte, come l’hai definita?

Gran parte della storia si basa sui non detti, perciò era importante, anche dal punto di vista visivo, nascondere al pubblico ciò che appare sullo schermo attraverso vaste aree nere. In questo modo i dettagli rimasti visibili acquistano una forza maggiore, e al tempo stesso offrono delle suggestioni riguardo a ciò che si cela nell’oscurità.

 

What about the voices of your characters – Hugh O’Connor, Declan Conlon and Antonia Campbell Hughes?

Tutti i personaggi sono molto restii a parlare. Avendo dei dialoghi così limitati, le performance vocali degli attori sono cariche di tensione, e molto attente a particolari quasi impercettibili.

 

TOP 10 — Cortometraggi irlandesi

Top 10 Irish Short Films

Irish Film Festa arriva alla sua 10a edizione (dal 30 marzo al 2 aprile alla Casa del Cinema di Roma) e abbiamo pensato di festeggiare compilando, in collaborazione con gli amici del festival, una serie di top 10 cinematografiche a tema irlandese: un modo giocoso per celebrare i nostri preferiti nel segno del 10.

Iniziamo con la top 10 dedicata ai cortometraggi irlandesi, a cura dei registi dei corti in concorso quest’anno: grazie a Niamh Heery (Pause), Brian Deane (Blight), Cashell Horgan (The Clockmaker’s Dream), Ian Hunt Duffy (Gridlock), Graham Cantwell (Lily), Tristan Heanue (Today), Helen Flanagan (The Debt), Paddy Cahill (Seán Hillen, Merging Views), Sinéad O’Loughlin (Homecoming), Vincent Gallagher (Second to None) e Seán T. Ó Meallaigh (The Court).

 

• CHICKEN, Barry Dignan (2001)

Un corto che in meno di tre minuti riesce a creare un’atmosfera e rendere credibile una relazione tra personaggi forti e realistici.”
— Niamh Heery

 

• THE DOOR, Juanita Wilson (2008)

Un capolavoro assoluto nel campo dei cortometraggi.
— Brian Deane

 

• NEW BOY, Steph Green (2007)

“Notevole per la fotografia, le interpretazioni degli attori e le importanti questioni sociali che affronta.”
— Cashell Horgan

 

• PREY ALONE, James Mather & Stephen St Ledger (2005)

“Un ambizioso film d’azione che mi ha aperto gli occhi sulle possibilità del formato cortometraggio.”
— Ian Hunt Duffy
“Un’opera fantastica e visionaria.”
— Graham Cantwell

 

• RHINOS, Shimmy Marcus (2012)

“Grande interpretazione di Fionn Walton.”
— Tristan Heanue

 

• THE SWING, Damien Dunne (2014)

“Un piccolo film onesto e girato benissimo.”
— Helen Flanagan

 

• TUFTY, Jason & Brendan Butler (2009)

“Tra i corti drammatici è imbattibile.”
— Paddy Cahill

 

• UNDRESSING MY MOTHER, Ken Wardrop (2004)

“Importante per il soggetto e per lo stile.”
— Sinéad O’Loughlin

 

• YU MING IS AINM DOM, Daniel O’Hara (2003)

“I cortometraggi posso farti pensare, e Yu Ming ci riesce molto bene.”
— Vincent Gallagher
“Un’idea semplice ma brillante, e un utilizzo creativo della lingua irlandese.”
— Seán T. Ó Meallaigh

 

• THE CARPENTER AND HIS CLUMSY WIFE, Peter Foott (2004)

Il corto sarà alla 10a edizione di Irish Film Festa come omaggio al regista Peter Foott, presente al festival anche con il suo nuovo film The Young Offenders (2016), e alla voce narrante Jim Sheridan, che incontrerà il pubblico e parteciperà alle proiezioni dei suoi The Boxer (1997) e The Secret Scripture (2016).

“Perla di black Irish humor, questo corto già rivelava, nel 2004, l’energia ritmico-musicale del cinema di Peter Foott, che ritroveremo anche in The Young Offenders.”
Susanna Pellis, direttore di Irish Film Festa

Il programma di IRISH FILM FESTA 10

Il programma di Irish Film Festa 10

 

Giunge alla decima edizione IRISH FILM FESTA, il festival interamente dedicato al cinema irlandese che quest’anno si terrà dal 30 marzo al 2 aprile, come di consueto alla Casa del Cinema di Roma.

“In questi dieci anni abbiamo presentato il meglio del cinema irlandese contemporaneo, scegliendo film inediti nel nostro Paese, ma premiati all’estero da numerosi riconoscimenti; e avuto il privilegio di accogliere ospiti prestigiosi come Stephen Rea, Fionnula Flanagan, Lenny Abrahamson, Adrian Dunbar, e molti altri. Per questo, la decima edizione di IRISH FILM FESTA sarà un’edizione speciale, celebrativa del percorso finora compiuto e propulsiva per quello ancora da compiere”, commenta il direttore artistico Susanna Pellis.

Tra i lungometraggi in programma alla decima edizione di IRISH FILM FESTA, tutti in anteprima italiana, vedremo il documentario Bobby Sands: 66 Days di Brendan J. Byrne, dedicato ai sessantasei giorni di sciopero della fame che nel 1981 portarono alla morte di Bobby Sands nel carcere di Long Kesh. Il film analizza il valore simbolico e culturale del digiuno nel contesto storico-politico irlandese e si basa sui diari tenuti in carcere dallo stesso Bobby Sands, affidandone la lettura all’attore Martin McCann, atteso come ospite al festival: “Quelle parole mettono la sua voce al centro del film e ci portano nella sua mente – spiega il regista – l’unico posto nel quale Sands ha trovato la libertà”. 66 Days è stato presentato all’ultimo Galway Film Fleadh e al festival internazionale del documentario Hot Docs di Toronto.

Alla proiezione di 66 Days parteciperà anche il giornalista Riccardo Michelucci, autore del saggio di recente pubblicazione Bobby Sands. Un’utopia irlandese (Edizioni Clichy).

La storia dei Troubles nordirlandesi e la loro rappresentazione cinematografica in opere come Angel, Una scelta d’amore (Some Mother’s Son), Niente di personale (Nothing Personal), The Boxer, Hunger, e altre, saranno inoltre al centro di una conferenza che terrà al festival il prof. Martin McLoone (University of Ulster, Emeritus).

Martin McCann, che abbiamo visto l’anno scorso in The Survivalist di Stephen Fingleton, è anche interprete e co-regista del mockumentary Starz, uno dei cortometraggi in concorso che vede come protagonista uno straordinario Gerard McSorley (The Constant Gardener, Veronica Guerin), anche lui atteso a Roma. La sezione competitiva di IRISH FILM FESTA presenta quest’anno quindici corti — qui la selezione completa — che spaziano tra vari generi e tecniche di realizzazione (animazione, documentario, horror, thriller).

Il regista Ciarán Creagh, l’attrice protagonista Caoilfhionn Dunne (nel cast della serie Love/Hate) e ancora Gerard McSorley presenteranno invece il dramma In View: Ruth è un’agente di polizia che, incapace di elaborare il lutto per la perdita del figlio e del marito, sta smarrendo anche se stessa. Il suo senso di colpa è insopprimibile, e la spinge ad affrontare gli errori del passato in cerca di redenzione.

Vicenda drammatica anche per Mammal, scritto e diretto da Rebecca Daly e interpretato da Rachel Griffiths (nomination agli Oscar 1999 per Hilary and Jackie) e il giovane Barry Keoghan (Love/Hate): per Margaret la notizia della sparizione del figlio adolescente, che lei ha lasciato quando era piccolo, coincide con la decisione di ospitare Joe, un ragazzo senzatetto che ha trovato per strada, ferito. Mammal è stato presentato in anteprima al Sundance Film Festival nel 2016.

Sanctuary, opera prima di Len Collin, ha un’origine teatrale: alla base c’è il testo omonimo di Christian O’Reilly messo in scena dalla Blue Teapot Theatre Company, una compagnia di Galway formata da attori con disabilità intellettive. Protagonisti del film, che mantiene lo stesso cast della pièce, sono Larry e Sophie, due giovani innamorati: cosa può esservi di più naturale per loro che desiderare di passare del tempo insieme da soli? Ma Larry e Sophie non sono una coppia come le altre. E cercando di avere un po’ di intimità non stanno solo infrangendo le regole, stanno infrangendo la legge.

In The Flag di Declan Recks (il suo primo film, Eden, era all’IFF 2008) si torna a parlare  della Easter Rising, dopo il Centenario celebrato anche dal festival lo scorso anno, attraverso un’inedita chiave comica. Per Harry Hambridge (Pat Shortt), irlandese emigrato a Londra, va tutto storto. Tornato a casa per il funerale del padre, trova una dichiarazione secondo la quale sarebbe stato suo nonno ad issare la bandiera irlandese sul General Post Office durante la Rivolta di Pasqua del 1916. Bandiera che oggi si trova appesa, alla rovescia, in una caserma inglese. Stanco di subire umiliazioni, Harry è determinato, con l’aiuto di improbabili compagni (c’è anche Moe Dunford, visto all’IFF 2015 in Patrick’s Day di Terry McMahon), a recuperare quella  benedetta  bandiera. A Roma saranno presenti Declan Recks e lo sceneggiatore Eugene O’Brien.

Ispirato alla cronaca di un sequestro di cocaina per 440 milioni di euro al largo delle coste di Cork nel 2007, The Young Offenders di Peter Foott (miglior film irlandese al Galway Film Fleadh 2016) vede due ragazzi della zona, Conor e Jock, intraprendere un viaggio di 160 chilometri su due biciclette rubate nella speranza di trovare una balla di cocaina che a quanto pare è sfuggita alle forze dell’ordine. Una commedia dal ritmo frenetico, che in patria ha letteralmente spopolato. L’autore e regista Peter Foott sarà al festival e per l’occasione verrà proiettato anche il suo cortometraggio The Carpenter and His Clumsy Wife, menzione speciale alla Mostra di Venezia 2004.

Due sconosciuti svuotano i loro conti bancari, vendono i loro beni, e mettono il loro intero patrimonio in contanti in una borsa sportiva verde. Poi si recano in una località solitaria per battersi fino alla morte. Il vincitore seppellisce il perdente e si allontana due volte più ricco. È l’idea alla base di Traders, il film di Rachael Moriarty e Peter Murphy che vede come protagonisti Killian Scott (Love/Hate) e John Bradley (Game of Thrones). Piccoli ma significativi ruoli anche per Barry Keoghan e Caoilfhionn Dunne.

Due, infine, gli Irish Classic della decima edizione. Il primo è The General di John Boorman (1998), premiato per la migliore regia al Festival di Cannes: il generale del titolo è il criminale dublinese Martin Cahill, interpretato nel film da Brendan Gleeson. Noto per la spietatezza e per la meticolosità con la quale pianificava le azioni criminali, Cahill è stato raccontato nel dettaglio nel libro The General  del giornalista Paul Williams, dal quale è tratta la sceneggiatura del film. Il testo è stato pubblicato per la prima volta in Italia solo l’anno scorso da Milieu Edizioni per la collana Banditi senza tempo, parallelamente ad altri due volumi legati all’Irlanda: On the Brinks dell’ex militante dell’IRA Sam Millar e Bomber Renegade di Michael “Dixie” Dickson, ultimo prigioniero dell’IRA ad essere liberato, oggi organizzatore di concerti ed eventi sportivi.

The Boxer (1997) è invece l’omaggio di IFF al regista Jim Sheridan, che sarà per la prima volta ospite al festival per un incontro col pubblico. Di Sheridan, tre nomination agli Oscar (per la regia di Il mio piede sinistro e Nel nome del padre, e per la sceneggiatura di In America), verrà proposto anche il film più recente, Il segreto (The Secret Scripture), tratto dal romanzo omonimo di Sebastian Barry. Interpretato da Rooney Mara, Eric Bana, Vanessa Redgrave e Adrian Dunbar, Il segreto, già presentato alla scorsa Festa del Cinema di Roma, uscirà nelle sale italiane il 6 aprile distribuito da Lucky Red. Fa parte dell’omaggio a Sheridan anche The Carpenter and His Clumsy Wife, di cui il regista è la voce narrante.

Un’ulteriore parentesi letteraria sarà dedicata dal festival allo scrittore Dermot Bolger, protagonista di un incontro coordinato da John McCourt (Università di Macerata). Nato nel 1959 a Finglas, periferia nord di Dublino, Bolger è autore di romanzi, poesie e testi teatrali. Tra i suoi libri più noti, Verso casa (1997) e Figli del passato (2007), pubblicati in Italia da Fazi Editore.

Tre domande a… Paddy Cahill, regista di Seán Hillen Merging Views

Intervista a Paddy Cahill - Sean Hillen Merging Views - Irish Film Festa

 
Mentre crea i suoi bellissimi collage fotografici, l’artista Séan Hillen parla del suo lavoro e di una recente scoperta personale: Seán Hillen, Merging Views è un cortometraggio documentario che vedremo in concorso alla 10a edizione di Irish Film Festa (dal 30 marzo al 2 aprile, Casa del Cinema).

Ce ne parla il regista Paddy Cahill.

 

Perché hai scelto di realizzare un documentario su Seán Hillen?

Sono un ammiratore del lavoro di Seán Hillen da molto tempo, ma solo l’anno scorso, quando sono stato da lui per comprare una delle sue opere con l’intenzione di regalarla, ho capito di volergli dedicare un film. Così gli ho scritto per chiedergli se sarebbe stato disponibile a prendere parte a un documentario. Anche il passato di Seán è molto interessante, e meriterebbe un documentario a sé, ma per Merging Views sono stato particolarmente affascinato dalla casa/studio in cui crea i suoi splendidi lavori.

 

Tutto il film è ambientato in una piccola stanza: come hai lavorato sulla composizione delle inquadrature e sul montaggio?

In casa con Seán durante le riprese c’eravamo solo io e il direttore della fotografia Basil Al Rawi. Per me era molto importante avere una troupe ristretta, e comunque in quella stanza non c’era molto spazio! Ho deciso che Seán avrebbe dovuto parlare e rispondere alle domande solo mentre lavorava, per far sì che non sembrasse la classica intervista documentaristica. E poi in questo modo Basil poteva comporre delle inquadrature molto belle posizionandosi proprio alle spalle di Seán.

 

Quanto sono durate le riprese?

La pianificazione, a fianco del produttore Tal Green, è stata piuttosto lunga, ma le riprese vere e proprie sono durate appena una notte. Volevamo che gli spettatori provassero le nostre stesse sensazioni, come se una sera fossero capitati in questa casa molto particolare, su una qualunque via di Dublino, e si fossero fermati a guardare Seán creare una delle sue opere.

 

Tre domande a… Graham Cantwell, regista di Lily

Intervista a Graham Cantwell - Lily - Irish Film Festa

 
L’adolescente Lily affronta le insidie della vita scolastica in compagnia del suo amico Simon, eccentrico ma molto leale. Quando un equivoco con la bella e popolare Violet la costringe a subire un violento attacco, Lily è di fronte a una grande sfida.

Lily è un cortometraggio a tematica LGBT, già premiato al Galway Film Fleadh 2016, che vedremo in concorso alla 10a edizione di Irish Film Festa (30 marzo – 2 aprile, Casa del Cinema).

Ne abbiamo parlato con il regista Graham Cantwell, che è stato nostro ospite già nel 2014 con una bellissima masterclass di recitazione e con il lungometraggio The Callback Queen. La protagonista di quel film, Amy-Joyce Hastings, ha un piccolo ma importante ruolo anche in Lily.

 

Come hai scelto i giovani attori di Lily?

Abbiamo aperto un casting per giovani attori a Dublino, e la risposta è stata straordinaria. Ci ha dato la possibilità di incontrare alcuni dei migliori giovani interpreti del paese per i ruoli di Lily, Simon, Violet e Emer.

Appena Clara Harte è arrivata per sostenere il provino abbiamo capito subito di aver trovato la nostra Lily: c’è in lei una meravigliosa combinazione di intelligenza e vulnerabilità. Ho scelto invece Leah McNamara per la parte di Violet solo vedendo la sua foto: era perfetta. Speravo che sarebbe stata anche brava, e per fortuna lei e Clara si sono dimostrate fantastiche già durante l’audizione.

Per quanto riguarda Emer, la bulla della storia, Hallie Ridgeway ha fatto suo il personaggio fin dal primo ciak. Il casting per Simon è stato il più difficile. Abbiamo incontrato dozzine di giovani attori bravissimi, ma nessuno possedeva quelle particolari caratteristiche che cercavo per Simon. Dean Quinn è comparso proprio all’ultimo momento e ci ha salvati, riuscendo a cogliere tutte le qualità di Simon: il suo grande cuore, il suo spirito insolente, la sua natura protettiva.

Formato il cast, ci siamo dedicati alle prove, e in particolare abbiamo preparato con molta cura la scena dell’attacco a Lily. Clara e Dean hanno legato subito, ponendo la base per la buona riuscita del film. Sul set c’erano poi interpreti di lunga esperienza come Amy-Joyce Hastings e Paul Ronan, che hanno aiutato i ragazzi a migliorarsi e portare a termine un ottimo lavoro.

 

La storia contiene molti riferimenti alla vita scolastica e alle abitudini degli adolescenti: gli attori sono stati coinvolti anche nel processo di scrittura?

La sceneggiatura è stata scritta molto prima, però abbiamo lavorato a lungo sui dialoghi durante le prove, e, familiarizzando con i personaggi, gli stessi attori hanno dato il loro contributo facendoli completamente propri.

Ci siamo anche confrontati con associazioni giovanili e abbiamo fatto leggere la sceneggiatura sia a vari membri della comunità LGBT irlandese per avere un riscontro, sia ad alcuni ragazzi per essere sicuri che tutto suonasse autentico. Durante le riprese la sceneggiatura è stata ulteriormente adattata tenendo conto dei suggerimenti che venivano dagli attori.

 

La musica è molto presente in Lily e sottolinea spesso i momenti più carichi dal punto di vista emotivo: come hai lavorato con il compositore Joseph Conlan?

Conosco Joe da tempo, fin da quando abbiamo collaborato per The Callback Queen, e ormai abbiamo messo a punto un processo di lavoro che funziona piuttosto bene.

Lui vive a Los Angeles, quindi lavoriamo molto da remoto, via Skype e con le email. È difficile spiegare a parole quale effetto si vuole ottenere da un brano musicale, penso sempre a quella citazione di Elvis Costello secondo cui “parlare di musica è come ballare sull’architettura”. Con Joe discuto soprattutto di sensazioni ed emozioni, delle reazioni che vorrei gli spettatori avessero di fronte a certe scene, e Joe suggerisce gli strumenti da usare. Poi inizia a comporre, sovrapponiamo la musica alle sequenze del film e insieme decidiamo gli aggiustamenti da fare. Ha un orecchio straordinario e una grande capacità di comprendere il racconto, la prima versione dei suoi brani si avvicina sempre molto a quello che sarà poi il risultato finale, così le nostre conversazioni raramente toccano gli aspetti tecnici, ma si concentrano piuttosto su dettagli impalpabili, sulle sensazioni. Mi ritengo fortunato di avere Joe come collaboratore e spero di lavorare ancora con lui.

 

Tre domande a… Tristan Heanue, regista di Today

Intervista a Tristan Heanue - Today - Irish Film Festa

 
Un uomo si sveglia nella sua automobile, è disorientato, non ricorda come sia finito lì in mezzo al nulla: Today è uno dei cortometraggi in concorso alla 10a edizione di Irish Film Festa (dal 30 marzo al 2 aprile, Casa del Cinema).

Ne abbiamo parlato con il regista Tristan Heanue, che compare come attore in altri due corti selezionati per la competizione di quest’anno: Gridlock e Blight. In Today dirige invece gli straordinari John Connors e Lalor Roddy.

 

Le interpretazioni di John Connors e Lalor Roddy sono davvero potenti: come hai lavorato con loro su questi ruoli così impegnativi? E come mai hai scelto di non apparire nel film, pur essendo anche tu un attore?

Con John Connors avevo già discusso a lungo del personaggio, dal momento che lui faceva parte del progetto prima ancora che scrivessi la sceneggiatura: gli avevo proposto la scena iniziale e gli era piaciuta subito, così quando gli ho detto che mi sarei occupato della regia, ma non avrei recitato, mi ha fatto sapere che sarebbe stato felice di avere lui la parte. Quando siamo arrivati sul set John era già preparatissimo.

Con Lalor Roddy invece ho avuto a disposizione meno tempo, ci siamo incontrati solo il giorno prima dell’inizio delle riprese, ma conoscevo bene il suo straordinario talento d’attore ed ero convinto che avrebbe saputo far suo il personaggio ed interpretarlo nel migliore dei modi. Non abbiamo fatto prove, perché volevo conservare un senso di estraneità tra John e Lalor, e infondere così freschezza e spontaneità alle loro scene. Hanno dimostrato di avere un grande rispetto l’uno per l’altro, entrando in connessione a un livello profondo, tanto che a volte mi sembrava di barare perché non avevo praticamente bisogno di dirigerli, ma del resto è ciò che accade quando lavori con grandi attori: li collochi nel giusto ambiente e li lasci recitare.

Non ho mai pensato di essere adatto per interpretare il protagonista, fin dal primo momento ci ho visto John. Avevamo già lavorato insieme per un altro cortometraggio, e avevamo avuto la possibilità di parlare a lungo di salute mentale e delle nostre esperienze. Insomma, doveva essere lui. In questo modo mi sono anche potuto concentrare al massimo sulla regia, ci tenevo molto visto che per me era la prima volta.

 

Dove è stato girato il film?

A Derryinver, dalle parti di Letterfrack in Connemara, nella contea di Galway. La fattoria che si vede nel film è di mio padre e la strada passa proprio sotto la casa, insomma non abbiamo dovuto spostarci molto per raggiungere le location.

 

Puoi dirci qualcosa su Eimear Ennis Graham che ha curato la fotografia?

Eimear è stata importantissima, ho scelto di averla con me per questo progetto fin da quando ho deciso che mi sarei occupato della regia. Siamo amici e ammiro molto il suo lavoro, è stato fantastico collaborare con lei. Mi è stata di grande aiuto perché, come regista esordiente, avevo bisogno di una persona a cui poter fare qualunque domanda senza timore.

E vorrei citare anche Paddy Slattery, il produttore: ha creduto da subito nel progetto ed è riuscito a coinvolgere dei professionisti bravissimi. Sono stato fortunato ad averlo al mio fianco, mi ha dato fiducia anche nei momenti in cui tutto mi sembrava impossibile.

 

Tre domande a… Sinéad O’Loughlin, regista di Homecoming

Intervista a Sinéad O’Loughlin - Homecoming - Irish Film Festa

 
Un giovane, tornato da poco in Irlanda, è alla faticosa ricerca del suo posto nella vita. L’incontro con una persona amica gli fa sperare che qualcosa stia cambiando: Homecoming è uno dei quindici cortometraggi in concorso alla 10a edizione di Irish Film Festa (30 marzo – 2 aprile alla Casa del Cinema).

Ne abbiamo parlato con la regista Sinéad O’Loughlin.

 

Homecoming è stato girato nella contea di Wicklow: le tue scelte di regia sono state influenzate dal paesaggio?

Ho deciso fin dalle prime fasi di scrittura che la storia si sarebbe svolta nel Wicklow, perché vengo da lì, è il luogo che conosco meglio. Homecoming è il mio primo lavoro cinematografico, ho una formazione teatrale e scrivo racconti: con queste premesse, in effetti è strano che abbia scritto un cortometraggio tutto ambientato all’aria aperta!

Ho avuto la fortuna di ottenere dei finanziamenti dal Wicklow County Arts Office, che mi ha anche dato la possibilità di lavorare con il direttore della fotografia e montatore Daniel Keane. Dan ha colto subito il senso del mio progetto, l’ho capito da come ne parlava.

Volevamo mostrare la drammatica bellezza dell’ambiente rurale, ma anche, per contrasto, il duro lavoro che la terra richiede ogni giorno.

Un’altra ragione per girare a Wicklow è stata la possibilitò di usare la fattoria di mio padre come location per le riprese. Il paesaggio lì è meraviglioso e siamo stati anche piuttosto fortunati con il tempo atmosferico, che ha risposto bene alle nostre necessità. Il primo giorno, ad esempio, c’era questa nebbiolina fantastica e Dan ne ha approfittato cominciando immediatamente a girare quella che poi sarebbe diventata l’inquadratura iniziale del corto.

 

I dialoghi sono molto importanti nel film: ci racconti qualcosa del tuo processo di scrittura?

Amo il modo in cui noi irlandesi parliamo, le espressioni che usiamo, il nostro ritmo. Parto sempre dai dialoghi, anche quando scrivo racconti.

Homecoming è nato come testo teatrale composto da un solo atto: si intitolava Wake e l’ho scritto all’università nel 2009. Si trattava sostanzialmente di una conversazione tra Mick e Aoife in seguito a un lutto: Aoife sta per andare al college mentre Mick sta pensando di partire per l’Australia.

Amo molto anche gli adattamenti, così quando si è presentata la possibilità di realizzare un cortometraggio, ho pensato: perché non tornare dagli stessi personaggi, otto anni dopo, e vedere cosa è successo? Il tempo è passato, le loro vite hanno preso strade diverse, ma questo nuovo incontro li fa scoprire ancora molto legati alle proprie radici e al passato. Ero consapevole dell’importanza dei dialoghi, ci ho riflettuto molto. Così tanto che quando finalmente mi sono messa a scrivere, la prima bozza completa è venuta fuori di getto. Non mi era mai capitato prima.

A quella prima stesura è seguito un lungo lavoro di revisione, per togliere tutto il superfluo. La scrittura per i cortometraggi in questo senso è un esercizio utilissimo, Dan poi è stato irremovibile sulla durata del film e gli sono grata per questo. Anche perché, al cinema, bisogna lasciare spazio agli aspetti visivi e alle interpretazioni degli attori non si può essere troppo attaccati alla propria scrittura.

Tu, come autore, scrivi un dialogo in un certo modo, lo dirigi in un certo modo, ma poi gli attori possono introdurvi elementi completamente nuovi, ed è fantastico. Varie battute sono state riscritte direttamente sul set, se al momento di recitarle non suonavano abbastanza credibili. Volevo che tutto suonasse naturale, anche nella forma. E gli attori sono stati bravissimi. C’erano delle battute, in sceneggiatura, che non mi sembravano così importanti, e che invece ora sono le mie preferite proprio per come David Greene e Johanna O’Brien le hanno fatte proprie.

 

L’emigrazione sembra essere ancora una questione delicata in Irlanda.

Sì, ed è strano perché oggi spostarsi è molto più semplice, le persone vanno e vengono, è più facile mantenersi in contatto grazie a Internet, ma l’assenza di chi è andato via si percepisce ancora molto forte, soprattutto nei piccoli paesi. Io stessa ho un fratello che vive in Australia e una sorella nel Regno Unito. Tra l’altro mio fratello era tornato a casa, per poi partire di nuovo dopo un anno, proprio un paio di settimane prima che iniziassi a girare Homecoming. Confrontarmi con lui è stato fondamentale per la scrittura di Homecoming, anche considerando che lui ha sei anni meno di me e quindi le sue esprienze sono diverse dalle mie. Ho anche preso in prestito i suoi vestiti per David!

Io stesso sono emigrata in Canada per un periodo ma non mi trovavo bene. Sono partita nel 2007 e tornata l’anno successivo, quando le cose in Irlanda iniziavano a non andare bene economicamente: io tornavo e tutti gli altri si preparavano ad andarsene! È frustrante, senti la pressione di dover lasciare il tuo paese, e ascolti le storie di chi ce l’ha fatta, e di come la qualità della vita là sia migliore. Attraverso il film ho voluto esplorare proprio queste senzasioni. Nel caso di Aoife, lei se n’è andata per costruire una nuova vita e scappare dal dolore, ma si porta dentro la preoccupazione per la madre; Mick invece prova una profonda frustrazione, perché è rimasto indietro e se ne rende conto.