Song of the Sea di Tomm Moore vince l’IFTA 2015 come miglior film

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Song of the Sea di Tomm Moore, presentato lo scorso marzo all’Irish Film Festa, ha ricevuto l’Irish Film and Television Academy (IFTA) Award 2015 come miglior film.

«I filmmaker irlandesi dimostrano di saper vedere l’animazione come un mezzo e non come un genere», scrive Tomm Moore.

Tra i premiati nella serata degli IFTA, che si è tenuta a Dublino domenica 24 maggio, troviamo anche altri ospiti di Irish Film Festa 2015: Lenny Abrahamson, miglior regista per Frank, Terry McMahon e Moe Dunford, rispettivamente miglior sceneggiatore e miglior attore protagonista per Patrick’s Day.

Frank ha vinto altre due statuette, quella per il miglior attore non protagonista Domhnall Gleeson e quella per la miglior fotografia di James Mather. Patrick’s day ha ricevuto invece un terzo IFTA per il sonoro.

In più, Somewhere Down the Line di Julien Regnard, visto in concorso all’Irish Film Festa, ha vinto come miglior cortometraggio animato.

QUI l’elenco completo dei vincitori.

Congratulazioni a tutti!

 

 

#IRISHFILMFESTA 2015 – I vostri commenti

Frank

 

Grazie agli spettatori e agli ospiti presenti all’Irish Film Festa 2015 che hanno interagito con noi anche attraverso i social media.

Ecco una raccolta dei vostri commenti:

Lenny Abrahamson all’Irish Film Festa 2015

Lenny Abrahamson
Lenny Abrahamson [foto: Mario Bodo]

Dopo averne proiettato la filmografia completa nel corso delle passate edizioni, l’Irish Film Festa 2015 ha dato il benvenuto a Lenny Abrahamson: il regista ha incontrato il pubblico domenica 29 marzo dopo la proiezione del suo film più recente, Frank, interpretato da Michael Fassbender (che recita con il volto coperto da una maschera), Domhnall Gleeson, Maggie Gyllenhaal e Carla Azar.

Jon (Gleeson), un giovane aspirante musicista, scopre di non essere all’altezza della situazione quando si unisce a una band di eccentrici performer, i Soronprfbs, guidati dal misterioso ed enigmatico Frank (Fassbender), un genio della musica che si nasconde dietro una enorme testa di cartapesta, e dalla sua terribile partner Clara (Gyllenhaal). La figura di Frank è liberamenbte ispirata a Frank Sidebottom, alter ego del comico e musicista britannico Chris Sievey, e ai cantautori Daniel Johnston e Captain Beefheart. La colonna sonora di Frank è stata composta da Stephen Rennicks.

L’incontro con Lenny Abrahamson alla Casa del Cinema di Roma è stato condotto dal direttore artistico del festival Susanna Pellis e dal musicista Maurice Seezer.

 

IL GENIO E LA FOLLIA

Frank va contro una certa idea, tipica della cultura americana, secondo cui puoi avere o diventare qualunque cosa, basta volerlo. Da qui deriva l’idiozia da X-Factor: persone senza talento e capacità che pensano basti avere passione per arrivare al successo. Jon nel film è proprio questo tipo di persona: ha confuso i valori umani con i traguardi che intende raggiungere – qualcosa che peraltro può capitare a tutti noi. Un altro stereotipo che Frank vuole cancellare è il legame tra genio e pazzia: la mente umana è complessa, e i creativi sono spesso persone che hanno enormi difficoltà a stare al mondo. Il disagio mentale non deve essere visto come qualcosa di cool, perché genera una sofferenza reale. E la sofferenza non è cool. Allo stesso modo, la presunta normalità non rappresenta, come crede Jon all’inizio del film, un ostacolo alla creatività.

 

MICHAEL FASSBENDER: IL VOLTO E LA MASCHERA

La maschera è liberatoria: ci si può nascondere e proiettare sulla maschera, di volta in volta, la parte di sé che si preferisce. Il volto delle star, in particolare di quelle come Michael che sono considerate dei sex symbol, si trasforma spesso in un’immagine di proprietà del pubblico, e si fa fatica a vederlo ancora come un vero volto semplicemente umano. In Frank, grazie alla maschera, vediamo solo le capacità interpretative di Michael Fassbender. Per quanto riguarda l’impatto che lui ha sul pubblico femminile, vi dico solo che andare in giro con Michael è come trovarsi in Gli uccelli di Hitchcock, solo che nel nostro caso gli “uccelli” sono le fan, attratte da una forza irresistibile. Da uomo, per me, è un’esperienza piuttosto umiliante (ride, ndr).

 

LA MUSICA E IL PROCESSO CREATIVO

Non volevamo che Frank fosse un musical, piuttosto un film nel quale la musica e il processo creativo che c’è dietro apparissero realisticamente come parte integrante della storia e dei personaggi. Per ottenere questo risultato era necessario non essere troppo rigidi, ma allo stesso tempo non potevamo neanche arrivare sul set e improvvisare, così abbiamo scritto la colonna sonora parallelamente alla sceneggiatura, identificandoci noi per primi con i protagonisti. Ci siamo divertiti molto a trovare ispirazione anche in oggetti apparentemente insignificanti. La parte più difficile, sia in fase di scrittura che di riprese, è stata la canzone finale, I Love You All: Michael l’ha affrontata in modo eccezionale, ha saputo trasmettere tantissime emozioni.

Sapevamo poi di aver bisogno, per i Soronprfbs, di un vero batterista: la sezione ritmica è troppo importante, non poteva essere recitata. Carla Azar si è rivelata una scelta fantastica: lei aveva già ricevuto altre proposte cinematografiche ma non aveva mai accettato. Il personaggio di Nana però le è piaciuto così tanto che a noi ha detto subito sì. E poi c’è Clara, interpretata da Maggie Gyllenhaal, che suona il theremin. Nella prima stesura della sceneggiatura il personaggio si chiamava Klaus in omaggio a Klaus Kinski: un personaggio aggressivo, che incute timore. E dato che lei rifiuta completamente la musica commerciale, le abbiamo messo in mano il theremin, uno strumento che difficilmente vedremmo in una pop band. Maggie ha impiegato sei mesi per imparare a suonarlo, anche lei è stata bravissima: è una persona meravigliosa, la definirei nobile.

 

Terry McMahon e Moe Dunford presentano Patrick’s Day all’Irish Film Festa 2015

Terry McMahon e Moe Dunford [foto: Mario Bodo]

Il regista Terry McMahon, il produttore Tim Palmer e il giovane protagonista Moe Dunford hanno presentato Patrick’s Day all’Irish Film Festa sabato 28 marzo 2015 (qui la nostra guida alla visione). Presente in sala anche Lenny Abrahamson, già al festival in vista dell’incontro col pubblico di domenica, che ha amato moltissimo il film: «è straordinario, mi ha commosso profondamente».

Allegro ed espansivo, Patrick (Moe Dunford), è un giovane di ventisei anni affetto da schizofrenia. Grazie all’aiuto dei medicinali e alla protezione di sua madre Maura (l’attrice neozelandese Kerry Fox), il ragazzo non è una minaccia, né per sé né per gli altri. Finché non si innamora di Karen (Catherine Walker).

 

TERRY McMAHON

Da giovane ho lavorato in un ospedale psichiatrico: alcuni colleghi, come anche i parenti delle persone lì ricoverate, erano fantastici. Ma ogni volta che uno dei pazienti mostrava un impulso sessuale o desiderio di intimità, questi istinti venivano visti come se fossero aberrazioni legate alla loro malattia. Così l’aspetto più bello dell’essere umani viene visto addirittura come fonte di vergogna: abbiamo paura di ciò che possiamo fare, abbiamo paura dell’amore, abbiamo paura del piacere. Ci auto-sabotiamo per sopprimere questi sentimenti prima che riescano ad emergere: potrebbe essere una forza, ma chi ci governa l’ha trasformata in una debolezza. Siamo tutti delle cavie da laboratorio. Anche la psicologia, se usata dalle persone sbagliate, può rendere le gente prigioniera: l’unico modo per spezzare questo potere negativo è tendere una mano verso gli altri e aiutarsi l’un l’altro.

Da ragazzo, poi, ho vissuto per diciotto mesi senza casa Non temevo di essere picchiato o attaccato, avevo solo paura della solitudine. Ricordo cosa vuol dire vivere come un reietto: si perde non solo la testa ma anche l’anima. La solitudine fa perdere ogni facoltà di comunicare e interagire con gli altri. La solitudine è pericolosa, è contagiosa. I temi principali di Patrick’s Day sono proprio la solitudine e il coraggio, e come questi due elementi possono interagire insieme per cambiare le cose.

Per quanto riguarda la presenza dell’alcool nel film e l’uso che ne fanno alcuni protagonisti per mettersi in contatto con se stessi e gli altri: in psicologia questo elemento si chiama facilitatore, serve per far scattare i comportamenti cosiddetti deviati o innaturali. Questi personaggi stanno talmente male che hanno bisogno di un facilitatore per esprimersi, in questo caso l’alcool – e questo è l’inno nazionale irlandese (ride, ndr).

 

MOE DUNFORD

Ho amato la sceneggiatura di Terry, ho amato Patrick, perché è uno di noi. Più lo si conosce, nel corso del film, più ci si rende conto di come Patrick sembri il più normale tra tutti i personaggi. La madre però lo soffoca con la propria paura e l’eccessiva protezione, e così non gli permette di essere pienamente se stesso. La madre è spaventata, non sa come proteggere suo figlio. Si tratta di situazioni molto diffuse. Io stesso ho un fratello problematico, conosco lo stigma che la società ti getta addosso e la solitudine che ne deriva. Il problema non è tanto il disturbo mentale, ma proprio la solitudine.

 

Ghost Train e The Ledge End of Phil sono i corti vincitori di Irish Film Festa 2015

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I cortometraggi vincitori dell’ottava edizione di Irish Film Festa (26 – 29 marzo 2015) sono Ghost Train di Lee Cronin (live action) e The Ledge End of Phil di Paul Ó Muiris (animazione).

Menzioni speciali a The Break di Ken Williams e Denis Fitzpatrick, The Good Word di Stuart Graham e The Measure of a Man di Ruth Meehan.

Le giurie erano composte da Emanuela Martini (direttore del Torino Film Festival), Emiliano Liuzzi (giornalista del Fatto Quotidiano) e Áine O’Healy (professore presso la Loyola Marymount University, LA) per la categoria live action, e da Thomas Martinelli (giornalista e direttore di DOCartoon) e Kay McCarthy (musicista) per la categoria animazione.

 

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Poison Pen all’Irish Film Festa 2015

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L’Irish Film Festa 2015 ha scelto la commedia Poison Pen per la sua serata di apertura, giovedì 26 marzo. Il film, diretto a sei mani da Steven Benedict, Lorna Fitzsimons e Jennifer Shortall, è stato realizzato nell’ambito del corso di produzione cinematografica digitale del Filmbase di Dublino e dell’Università Staffordshire.

Fin dalla sua nascita nel 1986, il Filmbase è stata una delle istituzioni chiave dedicate a sviluppare l’arte del cinematografica in Irlanda, con un particolare compito di sostenere i giovani registi irlandesi emergenti. Si tratta di un centro risorse non-profit, dove i filmmaker possono noleggiare attrezzature, formare una rete di contatti, seguire corsi di formazione e ricevere supporto e informazioni sull’industria cinematografica irlandese.

«Formule che dovrebbero essere applicate di più anche all’estero — ha commentato il direttore artistico del festival, Susanna Pellis — il cinema italiano avrebbe solo da imparare da modelli di produzioni indipendenti come quello del Filmbase».

Le due giovani registe Lorna Fitzsimons e Jennifer Shortall, presenti all’Irish Film Festa accompagnate dalle produttrici Áine Coady e Sharon Cronin, ci hanno raccontato qualcosa di più sulla produzione di Poison Pen.

 

LA LAVORAZIONE

Il corso dura un anno, nei primi mesi seguiamo delle lezioni con professionisti del settore cinematografico: registi, direttori della fotografia… Poi si passa alla produzione: nel caso di Poison Pen abbiamo raccolto il budget necessario con una campagna di crowdfunding su Indiegogo, organizzando eventi e coinvolgendo le nostre stesse famiglie e i nostri amici.

A quel punto sono stati scelti i registi e tutti i membri della troupe, sulla base delle proposte di ognuno. La lavorazione ha richiesto in totale sei mesi, di cui tre settimane dedicate alle riprese. il montaggio è stato il giorno prima della proiezione al festival di Galway. L’ultimo trimestre del corso, infine, viene dedicato alla tesi.

È strano avere tre registi per un solo film, naturalmente all’inizio ci siamo anche scontrati. Poi però abbiamo studiato la sceneggiatura e ci siamo messi all’opera fianco a fianco. Ora abbiamo fondato una nostra società di produzione e il nostro prossimo lavoro sarà un cortometraggio.

 

IL CAST

È stato un processo lungo soprattutto riguardo alla scelta dei due protagonisti, Lochlann Ó Mearáin e Aoibhinn McGinnity. Abbiamo mandato la sceneggiatura a diversi attori: dovevamo trovare qualcuno disposto a lavorare gratis per tre settimane. Siamo molto soddisfatte del risultato.

Tre domande a… Julien Regnard, regista di Somewhere Down the Line

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Julien Regnard è il regista di Somewhere Down the Line, uno dei cortometraggi animati che vedremo in concorso all’Irish Film Festa 2015. Il corto è prodotto nell’ambito del programma Frameworks dell’Irish Film Board, specificamente dedicato all’animazione, e in collaborazione con Cartoon Saloon (Nora Twomey, co-regista di The Secret of Kells, è coinvolta come produttrice esecutiva).

Somewhere Down the Line racconta vita, amori e dolori di un uomo attraverso gli incontri con i diversi passeggeri della sua macchina.

 

Come hai sviluppato questa storia che racconta lo scorrere del tempo?

Ho traslocato spesso negli ultimi anni, da Montpellier a Parigi a Bruxelles e infine in Irlanda, e questo mi ha fatto capire quanto fosse difficile mantenere i contatti con le persone che incontravo, e quanto brevi e fragili fossero le relazioni umane se paragonate all’infinità del tempo e dello spazio. Il corto è una metafora di questa idea, un uomo che guida lungo la strada, invecchia e si lascia alle spalle coloro che incrociano il suo cammino.

 

Come hai lavorato sull’animazione dei personaggi e la loro integrazione con gli sfondi?

L’animazione dei personaggi è stata piuttosto semplice perché sono disegnati in 2D, abbiamo usato un software che si chiama TvPaint e poi siamo passati al compositing. La parte più complicata era nell’animazione dell’automobile e degli sfondi. Abbiamo dipinto tutti i paesaggi che vediamo dai finestrani dell’auto con Photoshop per poi proiettarli su modelli 3D. Un processo simile ha riguardato gli sfondi scorrevoli: diverse viste di uno stesso paesaggio venivano proiettate su una mappa 3D. Ci è voluto un po’ per mettere tutto a punto ma il risultato è stato soddisfacente.

 

La musica ha un ruolo importante in Somewhere Down the Line: come hai lavorato con i compositori?

La musica è stata composta da 3epkano, una band specializzata in improvvisazioni dal vivo su film muti, è stato davvero interessante poter collaborare con loro. I membri del gruppo hanno creduto nel progetto fin dal nostro primo incontro: avevamo pochissimo tempo e denaro ma a loro importava solo l’aspetto artistico. Credo che abbiano fatto un lavoro straordinario, che aggiunge molto all’atmosfera generale del corto.

 

Il gaelico al cinema

Sabato 28 marzo 2015 l’Irish Film Festa presenta due film girati in lingua gaelica irlandese: il lungometraggio An Bronntanas (The Gift) di Tom Collins e il cortometraggio in concorso Rúbaí di Louise Ní Fhiannachta. La proiezione, alle 20.30 presso la Casa del Cinema di Roma, sarà introdotta da Barry McCrea (University of Notre Dame).

An Bronntanas / Rúbaí
An Bronntanas / Rúbaí

Non sono molti i film recitati del tutto o in parte in lingua gaelica che sono riusciti a raggiungere il pubblico internazionale, ma in Irlanda esistono un canale dedicato alle trasmissioni in gaelico, TG4 (dove è andato in onda An Bronntanas come miniserie da cinque episodi), e diversi programmi di finanziamento per lungometraggi (l’Irish Language Broadcast Fund di Northern Ireland Screen) e cortometraggi (Gearrscannáin dell’Irish Film Board nell’ambito del quale è stato prodotto Rúbaí).

Nel 2007 Kings di Tom Collins, proiettato all’Irish Film Festa due anni dopo, è stato il primo film ad essere proposto dall’Irlanda per la categoria del miglior film in lingua straniera ai premi Oscar.

 

 
Il pubblico dell’Irish Film Festa ha poi potuto vedere i cortometraggi An Ranger di P.J. Dillon con Owen McDonnel (che ritroviamo anche in An Bronntanas), nel 2010, e An Rinceoir (The Dancer) di Elaine Gallagher, nell’edizione 2012.

 

 

La lingua gaelica all’Irish Film Festa 2015

Sabato 28 marzo 2015 l’Irish Film Festa presenta due film girati in lingua gaelica irlandese: il lungometraggio An Bronntanas di Tom Collins, versione cinematografica della miniserie in cinque parti girata in Connemara e trasmessa da TG4, e il cortometraggio in concorso Rúbaí di Louise Ní Fhiannachta. La proiezione, alle 20.30 presso la Casa del Cinema di Roma, sarà introdotta da Barry McCrea (University of Notre Dame).

 

LE ORIGINI E LE CARATTERISTICHE DELLA LINGUA

Il gaelico, o Gaeilge, appartiene al gruppo delle lingue indoeuropee. Quella irlandese è stata per secoli una cultura quasi esclusivamente orale, e ciò che sappiamo dei Celti dell’epoca precristiana lo dobbiamo alle testimonianze dei Greci e dei Romani. I sistemi alfabetici più antichi, ad esempio l’Ogam (o Ogham) del popolo Goidelico, venivano usati solo per incidere brevi iscrizioni su pietra, legno e metallo, e per comunicare a distanza con le mani. La grammatica, piuttosto complessa, declina i nomi per casi, come il latino: nominativo, genitivo, dativo, accusativo e vocativo (manca l’ablativo). I generi sono due: maschile e femminile (il neutro è decaduto dopo il Medioevo).

 

L’ALFABETO

L’alfabeto irlandese è composto da 18 lettere: 13 consonanti e 5 vocali (brevi o lunghe), originariamente scritte in caratteri unciali (sostituiti col tempo, per praticità, dai caratteri latini).

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Le 18 lettere dell’alfabeto gaelico in forma unciale

I nomi tradizionali delle lettere gaeliche indicano piante e alberi dei quali, secondo le antiche credenze, conservano le proprietà medicinali:

Lettera latina Nome gaelico Nome italiano
a/A ailm olmo
b/B beith betulla
c/C coll nocciolo
d/D dair quercia
e/E edad pioppo tremolo/alpino
f/F fern ontano/frangola
g/G gort edera
h/non si usa quasi mai in forma maiuscola (h)uath biancospino
i/I idad tasso
l/L luis sorbo selvatico/rosso
m/M muin vite
n/N nin frassino
o/O ór oppure onn ginestra spinosa
p/P peith ebbio
r/R ruis sambuco
s/S sail salice
t/T tinne agrifoglio
u/U úr prugnolo

 

I NOMI E I COGNOMI

L’inglese traduce solo la forma maschile dei cognomi irlandesi, che invece in gaelico hanno tre forme: il maschile (Mac = figlio/di oppure Ó = discendente maschio/da), il femminile (Nic = figlia/di oppure = discendente femmina/da) e il femminile da coniugata (Bean Mhic = la donna del figlio di oppure Bean Uí = la donna del discendente di).

I cognomi di Louise Ní Fhiannachta, Antoin Beag Ó Colla e Doireann Ní Fhoighil, rispettivamente regista, sceneggiatore e interprete del cortometraggio Rúbaí, e quello di Pól Ó Gríofa, uno dei protagonisti di An Bronntanas, seguono la regola tradizionale.

Anche la piccola protagonista di Song of the Sea, il film d’animazione diretto da Tomm Moore che vedremo domenica 29 marzo, ha un nome gaelico: Saoirse, significa libertà. Il suo amico cane invece si chiama , che vuol dire levriero.

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Cú, Ben e Saoirse – Song of the Sea

 

IL CALENDARIO

Il Capodanno gaelico è il 1 novembre, primo giorno d’inverno. La primavera inizia così a febbraio, l’estate a maggio e l’autunno ad agosto. Dalle usanze che anticamente caratterizzavano il Capodanno deriva anche la tradizione del moderno Halloween: nella notte in cui la divinità della luce e quella delle tenebre si scontrano, la natura non è regolata e le maschere indossate dai bambini servono proprio per confondere le forze del male, libere in quelle poche ore di agire indisturbate.

 

LE FORMULE DI SALUTO

Il gaelico prevede un elegante prontuario orale di formule fisse per i saluti, secondo le quali chi risponde deve essere più generoso di chi esordisce (per le pronunce, cfr. video in fondo alla pagina):

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«Il primo saluto della giornata», tratto dal libro scolastico “Slí an Eolais” [lett. “Via della Conoscenza”] di Cormac Ó Cadhlaigh, 1940
[chi esordisce] [chi risponde]
   
Dia dhuit (daoibh) Dia is Muire dhuit (daoibh)
Dio a te (voi) Dio e Maria a te (voi)
   
Dia is Muire dhuit Dia is Muire dhuit is Pádraig
Dio e Maria a te Dio e Maria e Patrizio con te
   
Dia is Muire dhuit is Pádraig Dia is Muire dhuit is Pádraig agus Micheál
Dio e Maria e Patrizio con te Dio e Maria e Patrizio e Michele con te

 

IL CONNEMARA DI AN BRONNTANAS

Protagonisti di An Bronntanas (The Gift), il film di Tom Collins che vedremo sabato 28 marzo, sono i membri di una squadra di salvataggio che opera sulle coste del Connemara, nell’Irlanda dell’ovest, e in una notte di tempesta è chiamata soccorrere un peschereccio in difficoltà. Il Connemara, che in gaelico significa “levriero del mare”, ha sempre basato le proprie attività economiche e sociali sugli spostamenti marittimi, tant’è che ancora oggi certi servizi o infrastrutture sembrano troppo distanti l’uno dall’altro via terra ma sono invece facilmente raggiungibili navigando lungo le coste.

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Nel film di Tom Collins, “An Bronntanas” è il nome di un peschereccio: significa “il dono”.

La tipica barca a vela della Baia di Galway è chiamata púcán: con le sue tre vele (una grande quadrangolare e due piccole triangolari) è unica tra le imbarcazioni di questo tipo diffuse nelle isole britanniche. Currach è invece il nome di una barca più leggera, fatta di vimini, tela e catrame.

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Púcán, la tipica barca a vela della Baia di Galway

 

IL MITO DELLA SELKIE IN SONG OF THE SEA

Nella “canzone del mare” che ascoltiamo in Song of the Sea di Tomm Moore ricorre la parola idir, che vuol dire tra: «tra dentro e fuori / tra nord e sud / tra pieno e vuoto / tra costa e montagna / tra me e me stessa». Un testo semplicissimo che spiega però in maniera molto efficace la metempsicosi celtica, diversa da quella orientale: non è necessario morire per diventare qualcos’altro, le trasformazioni sono possibili anche in vita. Nella cultura celtica non c’è aut aut ma sia sia: tutto può coesistere.

Protagonista di Song of the Sea è un’entità metamorfica che nelle Isole Orcadi viene chiamata Selkie ma in gaelico semplicemente rón, ovvero foca, una specie di sirena (donna o uomo) non pericolosa. La selkie è una foca che si toglie la pelle per prendere il sole sulla roccia vicino al mare: se un umano se ne innamora e la priva della pelle, o manto, lei resterà sulla terra. Quando la indosserà di nuovo, tornerà al mare.

Le Selkie sono gentili, non tentano di attrarre o ingannare gli umani, ma vanno alla ricerca dei loro discendenti, dei bambini nati dall’unione tra una (o un) Selkie e un uomo (o una donna). I bambini-Selkie hanno di solito la testa tonda, i capelli scuri, gli occhi grandi e puri, proprio come le foche. Se in una famiglia dove tutti sono biondi o rossi, nasce un bambino con queste caratteristiche, secondo il mito vuol dire che qualche antenato si è unito con un o una Selkie. I figli delle Selkie non riescono a resistere al richiamo mare e quando si tuffano possono rimanere più tempo sott’acqua rispetto ai piccoli umani.

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Saoirse con il manto da Selkie – Song of the Sea

 

IL GAELICO OGGI

Il gaelico è parlato tuttora dalle comunità madrelingua che vivono lungo le coste atlantiche (la pronuncia varia da zona a zona) e viene usato come lingua veicolare, sebbene l’insegnamento non sia più obbligatorio, nelle scuole e nelle università. La lingua gaelica è indirettamente presente anche nell’inglese parlato dagli irlandesi con i cosiddetti Irishisms, espressioni tipiche mutuate proprio dal gaelico.

Curiosità: Roma è l’unica città il cui nome in gaelico è preceduto dall’articolo determinativo, An Róimh (come dire la Roma).

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Mappa dell’Impero Romano prima delle invasioni barbariche
tratta dal libro scolastico “Stair ne hEuropa, cuid a hAon” di Micheál Breathnach, 1935.
La didascalia recita letteralmente: «Impero di Roma, e i Barbari, giusto prima dell’Incursione».

 

LINK UTILI

Se si conosce l’inglese, è facile trovare sul web risorse linguistiche dedicate al gaelico: Easy Irish! è un corso online curato qualche anno fa da RTÉ: ogni lezione propone dialoghi da ascoltare (e scaricare in mp3) attraverso i quali apprendere le basi della grammatica e familiarizzare con la pronuncia (i saluti — Dia dhuit / Dia is Muire dhuit — sono nella lezione numero 1).

Questo video, a cura di Howcast, raccoglie invece sette frasi fondamentali per farsi capire: come salutare, come dire grazie, come dire sì/no, e così via.

Testo e ricerca iconografica in collaborazione con Kay McCarthy

Tre domande a… Paul Murphy, regista di The Weather Report

The Weather Report Still
Paul Murphy è il regista e lo sceneggiatore di The Weather Report, uno dei cortometraggi che vedremo in concorso all’Irish Film Festa 2015.

1944. Ted (Edward MacLiam, Run & Jump) e sua moglie Maureen (Marie Ruane) sono i guardiani del faro di Blacksod, nella Contea di Mayo. Un giorno, dopo aver trasmesso le consuete previsioni del tempo, ricevono una misteriosa telefonata. Che sta succedendo?

The Weather Report ha vinto il GFC/RTÉ Short Film Award e ha partecipato a numerosi festival internazionali, tra cui il Galway Film Fleadh, l’IndieCork Film Festival, e i festival del cinema irlandese di Boston e Chicago.

 

Perché hai scelto di raccontare la storia di Ted e Maureen Sweeney?

Amo pensare che esistano persone ‘normali’ improvvisamente travolte da eventi più grandi delle loro stesse vite.
Le cose interessanti accadono spesso sulle linee di confine, e in questo caso ci troviamo addirittura ai confini dell’Europa.

 

Come hai scelto i due protagonisti, Edward MacLiam e Marie Ruane?

Trovare l’attrice per Maureen è stato semplice: ho visto Marie Ruane nel cortometraggio Foxes e ho capito subito che sarebbe stata perfetta nel ruolo. Sono felicissimo che abbia accettato. Ted invece è stato più difficile, c’erano tanti attori irlandesi che avrebbero potuto interpretarlo. Sono contento di aver scelto Ed, è stato un vero piacere lavorare con lui e Marie.

 

Avete girato proprio al faro di Blacksod?

Sì, proprio al faro di Blacksod, era importante per me girare nei veri luoghi della storia. Tra l’altro Blacksod è l’unico faro in Gran Bretagna e in Irlanda ad avere un tetto quadrato. È un posto straordinariamente isolato, persino per l’ovest del Paese, e così è relativamente semplice girarvi un film ambientato negli anni 40.

 

L’Irish Film Festa proporrà The Weather Report venerdì 27 marzo alle 21.00 (abbinato alla proiezione di Gold) e sabato 28 marzo alle 15.30 nel secondo programma di cortometraggi [qui il calendario completo].

IRISH FILM FESTA 2015, accrediti stampa e modalità di accesso per il pubblico

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L’ottava edizione di IRISH FILM FESTA si svolge dal 26 al 29 marzo 2015 presso la Casa del Cinema di Roma (Largo Marcello Mastroianni 1, Villa Borghese).

Qui il calendario: irishfilmfesta.org/programma

 

ACCREDITI STAMPA

I giornalisti interessati devono inviare una richiesta di accredito (anche per singole proiezioni) entro martedì 24 marzo all’indirizzo irishfilmfesta@gmail.com, specificando il nome della testata per la quale seguiranno il festival.

L’organizzazione si riserva di valutare le richieste.

 

MODALITÀ DI ACCESSO PER IL PUBBLICO

Le proiezioni sono tutte a ingresso gratuito fino a esaurimento posti.

Consigliamo, soprattutto per i film in programma sabato 28 e domenica 29 marzo, di arrivare con almeno 45 minuti di anticipo.

Gli spettatori che scelgono di sostenere il festival con una donazione minima di 50 euro avranno un posto riservato per l’intera manifestazione. Il pagamento deve essere effettuato entro martedì 24 marzo e ne va data comunicazione all’indirizzo irishfilmfesta@gmail.com.

Qui tutte le informazioni su come effettuare la donazione: irishfilmfesta.org/sostieni-il-festival.