Tre domande a… Andrew Kavanagh, regista di City of Roses

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Andrew Kavanagh è il regista di City of Roses, l’unico cortometraggio a tecnica mista (animazione e live action) in concorso all’edizione 2016 di Irish Film Festa.

City of Roses racconta la vera storia di Paddy Fitzpatrick, emigrato in Oregon da Dublino nei primi anni 50, attraverso le lettere che Paddy scriveva alla madre in Irlanda raccontandole della sua nuova vita in america, del suo nuovo lavoro e del suo nuovo amore, Rose.

Al corto di Andrew Kavanagh ha lavorato anche la graphic designer Annie Atkins, che di recente ha realizzato grafiche e oggetti di scena per il film d’animazione Boxtrolls, The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, Il ponte delle spie di Steven Spielberg, e la serie televisiva Penny Dreadful.

 

Perché hai scelto di raccontare la storia di Paddy Fitzpatrick combinando animazione e live action?

Inizialmente pensavo di realizzare un film d’animazione basato sulle lettere di Paddy, ma il mio coinvolgimento negli eventi cominciava ad occupare un parte troppo consistente della storia, in particolare dopo che ero riuscito a mettermi in contatto con la famiglia. A quel punto, il modo più semplice per far contrastare stilisticamente i due segmenti narrativi era realizzarne uno in live action e l’altro con l’animazione. Mi è stato d’aiuto avere le lettere come oggetti fisici in grado di fare da ponte e guidare così gli spettatori lungo il racconto animato. L’importanza vitale delle lettere, che rischiavano di andare perdute, viene poi sottolineata in tutto il cortometraggio anche dal punto di vista visivo.

 

puoi dirci qualcosa riguardo alla tecnica di animazione, soprattutto rispetto alla composizione degli sfondi? E qual è stato il contributo della graphic designer Annie Atkins?

Le lettere stanno alla base di tutti gli aspetti artistici del cortometraggio: le texture ricalcano la carta da lettere, i personaggi sono modellati con tratti d’inchiostro, negli sfondi compaiono timbri e francobolli, e persino le vere finestre prendono a modello le finestrelle di cellophane delle buste. Abbiamo cercato di inserire quanti più dettagli possibile presi direttamente dalle lettere, in particolare nelle scene dell’ospedale e del cimitero. E poi c’è il testo, presente praticamente in ogni scena, a volte in modo impercettibile. Avevo restituito le lettere originali a Rose prima di iniziare il film, così per le ricostruzioni usate nella parte live action mi sono dovuto basare sulle scansioni.

Per quanto riguarda il coinvolgimento di Annie Atkins, è stata una cosa del tutto casuale: giravamo le scene principali in casa di un vicino, un parrucchiere, e mentre era al lavoro sui capelli di Annie le ha parlato del film. Lei ha trovato la storia interessante e mi ha contattato. Non potevo crederci, avere lei come graphic designer era un sogno! Annie ha ricostruito le lettere fin nei minimi dettagli, realizzando a mano perfino i francobolli per ogni singola busta.

 

La musica ha grande rilievo nel film: come hai lavorato con il compositore David Harmax?

Mi ha contattato Greg Magee, che aveva composto le musiche per diversi miei film precedenti: in quel periodo lui stata lavorando con David, e mi disse che il suo stile gli sembrava adatto per questo progetto. La colonna sonora del corto si basa interamente su “Believe Me, If All Those Endearing Young Charms” di Thomas Moore, una canzone che Rose, nelle lettere, cita come una delle preferite di Paddy, una canzone che lo rendeva particolarmente nostalgico. E poiché nella prima fase del lavoro avevo pochissimi dettagli biografici su Paddy, quella canzone è diventata per me molto significativa. È una canzone d’amore e rappresenta davvero bene la storia di Paddy e Rose. Avevo bisogno di qualcuno che fosse in grado di riarrangiarla e tirarne fuori qualcosa di nuovo. Avere David è stata una fortuna: ha registrato la partitura con appena otto musicisti ma poi, lavorandoci in post produzione, è riuscito a rendere il suono molto più ampio.